lunedì 14 maggio 2012

GIROLAMO FUDULI - SUGGERIMENTI PER LA VALORIZZAZIONE DELLA CITTADELLA FORTIFICATA

Suggerimenti per la valorizzazione del “Castello” di Milazzo

(relazione tenuta il 5 ottobre 2008 da Girolamo Fuduli, segretario della Società Milazzese di Storia Patria, in occasione dell'inaugurazione dell'anno sociale 2008/09 del Lions Club di Milazzo)

Breve analisi storica

Quando si scrive del Castello di Milazzo, in realtà, si fa riferimento ad una “città murata” – di cui rimane qualche labile traccia – racchiusa dentro una duplice cinta muraria  bastionata, e a un imponente Mastio edificato da Federico II intorno ad un nucleo arabo-normanno.

Le vicende storiche di questo sito – che ha ospitato ininterrottamente almeno da 4000 anni insediamenti umani – si intrecciano con la storia siciliana e, talvolta, per la sua importanza strategica, con quella europea. Se ancora oggi sono appena visibili le vestigia arabo-normanne, risultano più evidenti le sveve, le aragonesi, le spagnole e quelle più recenti lasciate da borbonici e da inglesi. Testimonianze più antiche sono invece documentate dal ritrovamento di monete, frammenti ceramici, suppellettili e oggetti di vario tipo risalenti al periodo classico.

Proposte per la sua valorizzazione

Lo straordinario sistema difensivo che punteggia la rocca, nonostante l’ingiuria del tempo e l’incuria dell’uomo, ha conservato immutato tutto il suo fascino e, solo recentemente, è stato restituito parzialmente alla pubblica fruizione. Nei primi anni ’70 si sviluppò un interessante dibattito in relazione al ruolo strategico che tutta l’area della rocca avrebbe potuto avere nell’economia del nostro territorio per il suo sviluppo turistico e, tuttavia, già da allora venivano avanzate proposte criticabili. Rimonta proprio a quel periodo una tesi di laurea in Architettura discussa in un prestigioso ateneo italiano, nel quale era previsto che l’intera area fosse adibita a cittadella turistica edificandovi strutture ricettive e ricreative; e altrettanto singolare appare il contenuto di una lettera indirizzata dalla Pro Loco cittadina alla Soprintendenza, nella quale si consigliava l’abbattimento dell’antico monastero delle Benedettine, in quanto – si sosteneva – che quei ruderi deturpassero la bellezza del luogo. In questo contesto si inserisce la realizzazione, oggi sicuramente non più proponibile, del grande “teatro all’aperto” che ha indubbiamente compromesso l’euritmia delle possenti architetture. Negli anni ’90 il recupero del Duomo antico e il consolidamento di alcuni manufatti innescò un serrato dibattito sulla correttezza filologica dei restauri e sulla congruità delle tecniche adoperate, lasciando un po’ in ombra un tema che invece si sarebbe dovuto fin d’allora sottoporre con maggiore insistenza all’attenzione dell’opinione pubblica e che oggi si presenta in tutta la sua rilevanza, in vista delle notevoli risorse finanziarie impegnate per il completo recupero degli edifici e degli spazi liberi. È ovvio che una corretta utilizzazione del “Castello”  non può prescindere dalla sua lunghissima storia e da quelle che sono le sue straordinarie peculiarità. Infatti, è noto che sul palazzo fortificato di epoca arabo-normanna si inserì e si sviluppò il maschio federiciano; ad esso successivamente si aggiunse la cinta aragonese che testimonia il passaggio dai torrioni rettangolari, finalizzati sostanzialmente ad una difesa verticale adatti a meglio contrastare le nuove tecniche di offesa. Anche in età spagnola Milazzo continuò a svolgere un ruolo strategicamente importantissimo nel sistema difensivo dell’isola tant’è che in questo periodo si costruì una ciclopica cinta muraria bastionata con le caratteristiche più avanzate dell’architettura fortificatoria di quel periodo. Alla progettazione di queste imponenti muraglie furono chiamati nel tempo i più noti architetti militari. Nomi che si conoscono: Riccardo da Lentini, Antonio Ferramolino, Giulio Lasso, Camillo Camilliani, Orazio Del Nobile, Diego Sanchez, Pietro Novelli.

Questo breve excursus è sufficiente a tracciare le linee guida lungo le quali ci si dovrebbe muovere per un’intelligente valorizzazione di questo importante complesso architettonico e, primariamente, bisognerebbe stilare un progetto che ne esalti e ne rimarchi la sua eccezionale peculiarità, ossia quella di rappresentare una testimonianza, ancora compiutamente leggibile, dell’evoluzione del sistema difensivo europeo. A tale scopo, ad esempio, i vari ambienti che si susseguono all’interno del Mastio, una volta restaurati potrebbero essere adibiti a sale espositive in cui evidenziare con immagini cartografiche, iconografiche, fotografiche, con documenti, modelli, diorami e reperti vari, gli epici avvenimenti svoltisi sul nostro territorio, che talvolta si incrociarono con la grande Storia (la vittoria riportata nel 260 a. C. da Caio Duilio con la quale Roma si impose come grande potenza marinara; la battaglia navale del 36 a. C. che sancì la nascita dell’impero romano con la vittoria di Ottaviano su Pompeo; la contesa tra aragonesi e angioini che vide Carlo D’Angiò collocare  nella nostra città il suo quartier generale; il lungo assedio del 1718 da parte dell’esercito spagnolo che invano tentò di riconquistare la nostra Piazza; la battaglia del venti luglio 1860 che spianò a Garibaldi la strada per il continente determinano l’accelerazione del nostro processo unitario.) Infine, la prestigiosa “Sala del Parlamento” potrebbe ospitare un plastico in cui evidenziare tutte le complesse fortificazioni, anche quelle più periferiche, servendosi soprattutto del dettagliato documento cartografico, attualmente conservato nell’Archivio di Stato di Napoli.

In questo contesto sarebbe auspicabile indire un concorso di modellismo a tema, sollecitando la collaborazione delle numerose associazioni che operano nel settore, in quanto ciò rappresenterebbe un originale supporto per una nuova didattica della Storia e potrebbe aprire la strada a un qualificato turismo culturale. Uno degli ambienti del Mastio potrebbe essere dedicato a Stefano Zirilli, esperto di cose militari e tra i più illustri protagonisti del Risorgimento siciliano. È noto, infatti, che durante la rivoluzione del 1848 fondò a Palermo una scuola militare per allievi ufficiali, provvide alla difesa delle coste dell’isola, diede vita e diresse un giornale militare; in seguito, nominato Direttore del Genio, attivò l’armamento della Sicilia, formò due battaglioni stranieri, approvvigionò le Piazze e i Forti sviluppando l’attività di parecchie fabbriche d’armi. La sua biblioteca custodiva preziosissimi trattati militari e rari strumenti di rilevazione, materiale che, almeno in parte, potrebbe essere recuperato ed esposto, rendendo così un doveroso omaggio a questo nostro grande concittadino.

È bene tuttavia sottolineare che l’inserimento del patrimonio architettonico del “Castello” in un circuito museale non preclude la possibilità di battere altre strade per una sua maggiore valorizzazione. È possibile, infatti, tracciare degli itinerari paesaggistici attrezzando dei punti di sosta (quali ad esempio l’area contigua al monastero delle Benedettine, la terrazza della così detta Torre Saracena, quella del bastione di Santa Maria), da cui poter ammirare panorami di ineffabile bellezza; non meno suggestiva appare la prospettiva di poter procedere lungo le gallerie di contromina o di visitare i luoghi più reconditi del bastione di Santa Maria o delle Isole. I percorsi dovrebbero essere ovviamente dotati di moderni sistemi audiovisivi, atti a fornire notizie e informazioni agli studiosi e ai visitatori. Si potrebbe realizzare anche un prestigioso parco letterario traendo spunto sia dalle numerose citazioni del “Castello” contenute nella memorialistica garibaldina o sia dalla descrizione con la quale Federico De Roberto lo ricordò nel romanzo “L’Illusione”.

Va da sé che lo studio e la ricerca dovrebbe essere continuamente stimolata organizzando convegni, seminari e incontri con studiosi, studenti ed esperti al fine di approfondire la conoscenza di questa rara testimonianza di architettura fortificatoria.

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